MA QUANTE BELLE SCOPERTE!

MOET & CHANDON BRUT VINTAGE 2003

Moet Chandon Vintage 2003Aperta questa bottiglia da un generoso amico, eccomi qui a fare scoperte: la prima è che questa Maison con il 2003 ha prodotto il Grand Vintage per la 68° volta. Sulla bottiglia c’era scritto dal 1734 (ma potrò sbagliarmi vado a memoria); su internet invece si trova “Since 1842, the House has released 69 vintage champagnes. Moët & Chandon possesses one of the world’s most prestigious collection of vintage champagnes, all of which are safeguarded in the Grand Vintage Reserve cellars”.

Insomma balla un secolo tuttavia resta il fatto che non viene fatta tutti gli anni.

Già leggendo l’etichetta dunque si ritiene di star per avere un  privilegio.  Magari anche un senso di “timore reverenziale” visto che siamo davanti ad un mito, o quantomeno ad un mito per il mio livello. Beh, insomma, la pariamo e si trova un vino veramente grandioso.

Il colore è di un gradevolissimo biondino chiaro, luminosissimo. Un perlage fine ma non numerosissimo. I profumi sanno di fieno e di nocciole-mandorle, insieme ad un ricordo di vaniglia. In bocca dà il meglio di sè, con pere nettarine, albicocca e una nota ampia ed avvolgente che prende in un colpo solo tutto il palato e poi resta lungamente in fine, con il desiderio di berne un’altra sorsata. leggero non c’è che dire, e fine.

Però, debbo dire, più che la degustazione, grande come ho detto, è piacevole anche scoprire che ci sono vintage come questi, che c’è gente nella vita che sta a giudicare se quell’annata sia meglio, o mooolto meglio di altre, e che quindi ci mette l’etichetta vintage anzichè il base (Moët base, peraltro mi andrebbe bene tutti i giorni).

Ecco, la prossima vita cambio lavoro e se proprio non riesco a fare il selezionatore delle modelle della Yamamay (come suol dire il co-autore qui) almeno il giudicatore dei vintage rispetto ai base mi potrebbe anche andar bene.

Un saluto dal vostro Primo Oratore


TECNOLOGICAMENTE

LA PAROLA TABU’

Da tempo mi gira in testa questo pensiero, fino a quando ad un interessante convegno sul cibo e sulla sicurezza alimentare, un relatore mi ha dato la risposta.

Diceva il relatore, parlando in realtà del cibo in generale, che nella produzione alimentare italiana occorre trovare il modo di conciliare i “mitici” sapori dei piatti della tradizione con le esigenze di sicurezza richieste da molti paesi, sia del Nord dell’Europa che dagli Stati Uniti che da altri paesi importatori.

Perchè è chiaro che i piatti “della nonna”, riassumibili nella frase: l’ho fatto io ed è buonissimo, collidono evidentemente con le esigenze di un mercato moderno che vuole non dico esportare, ma anche solo trasportare. D’altro canto i piatti industriali supersicuri tradizionalmente sono quelli senza sapori caratteristici: ad esempio il cibo in scatola, che sarà anche sicurissimo ma quanto a sapori…

E il medium fra questi due elementi apparentemente inconciliabili, continuava il relatore, è costituito Leggi il seguito di questo post »


DEGUSTAZIONE VINI CANTINA SOCIALE ROVERE’ DELLA LUNA

PASSIAMO AL DUNQUE

Roverè-2012-6Due parole prima di incominciare. La Cantina di Roverè della Luna produce oltre 60.000 quintali di vino. Tutta questa quantità viene conferita o comunque commercializzata attraverso la Càvit. Anzi, per la precisione, non proprio tutta. Da poco tempo, ed in un modo che nella conversazione non è sembrato solo sperimentale bensì come l’inizio di un percorso, la Cantina ha deciso di riservare alle proprie cure dirette un piccolo fondo, e di coltivarlo secondo tecniche differenziate, come una specie di laboratorio, per produrre vini speciali da commercializzare direttamente, anche attraverso il punto vendita la Gramola (da visitare, è raccolto ma molto bellino).

Dunque, mentre tutta la produzione è portata avanti da soci della cantina e viene data a Càvit, una piccola parte della produzione viene seguita da contadini che seguono le indicazioni della direzione della cantina e dell’enologo, e poi viene vinificata ed elaborata successivamente. Questo meccanismo funge anche da laboratorio per estendere, se del caso, i rinvenimenti alla totalità della produzione.

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VITIGNI COME DESCRITTORI

SUL PINOT GRIGIO COME AMBASCIATORE DEL TERRITORIO

Roverè-2012-3Cosimo Piovasco di Rondò ha rilanciato con un suo fortunato post  l’argomento di cui in visita “pastorale Fibess” (eravamo in tre) abbiamo chiacchierato con i responsabili della Cantina Sociale di Roverè della Luna, e cioè sul significato della coltivazione del pinot grigio  in quel territorio, e sul fatto che loro lo considerino il loro vino.

In particolare Trentino Wine Blog, che è e resta il maggiore e più vivace blog del vino trentino, sostiene che si è avverata la bufala secondo cui il pinot grigio sarebbe l’icona del territorio della Rotaliana; mentre invece, siccome è un vitigno ubiquitario, del territorio in generale, e di quello roveraitero in particolare,  non significherebbe niente. Le parole sono queste : “Come un’icona concettuale indiscutibile a cui affidare la rappresentazione sintetica di un territorio. Uno dei tanti, e nemmeno il più significativo, fra le migliaia di territori che nel mondo affidano le proprie fortune economiche al Pinot Grigio, dalla Val d’Adige veronese alla California.”

Un esempio di parlar chiaro, non c’è che dire.

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ELOGIO DELLA MITEZZA

BISOGNA PROPRIO ANDARCI

Roverè-2012-1Il sottotitolo di questo blog allude al fatto che la cantina di Roverè della Luna non è in mezzo ad una grande via di comunicazione e non è nemmeno accanto a qualcosa. Lo stesso paese è un po’ fuori dalle direttrici principali. Questo, insieme a tante altre cose, costituisce per il visitatore occasionale (io ci sono andato ieri per la prima volta) uno strano e gradevole effetto di scoperta. Sembra come di essere un fortunato che ha avuto accesso ad una rarità nascosta e condivisa da pochi. Voglio dire, e vale come una specie di sommario: si va in questa cantina, inaspettatamente grande, si incontrano persone gentili, con tante nuove idee e sani dubbi, e alla fine si assaggiano anche vini buoni ad un prezzo assolutamente sottodimensionato.

La visita è sulla base di un invito. Ho già spiegato che si è trattato di un percorso tortuoso, come è tortuoso l’ultimo pezzo di strada per arrivare in cantina. Lassù, io ed i miei due amici, siamo stati accolti con calore e simpatia dal Presidente, dal Direttore e da uno dei soci conferitori che materialmente era il mio contatto. Abbiamo fatto una conversazione sul vino in generale. Si dà infatti il caso che Roverè della Luna è associata a Cavit, e una significativa parte della produzione è il pinot grigio. Ora, la loro posizione è improntata ad un autentico realismo: il canale del pinot grigio è stato una manna per loro. Ha garantito redditività alla cantina ed ai contadini. Siccome è un vino che va, e la Cavit riesce tuttora a smerciarlo, non vi è una ragione economica o commerciale per cambiare. Il problema è un certo coefficiente di incertezza per il futuro. Perchè un piano B, che tutti intorno a quel tavolo abbiamo auspicato, non c’è per ora. Quindi l’insegna è quella dell’incertezza. Non c’è un’emergenza, la cantina è sana ed il vino, fortunatamente e grazie al lavoro, si vende.

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LA GRIGOLETTERIA

PERCHE’ MI PIACE ED UN CONSIGLIO

Grigoletti-Belli Come si può vedere dal post precedente, a forza di frequentare la Cantina di Grigoletti a Nomi, anche se personalmente dovrei dire a forza di andare a trovare Carmelo e la sua signora, siamo entrati in una corrente di simpatia: dire amicizia sarebbe bello ma sarebbe anche troppo, visto che poi alla fine non abbiamo il tempo per frequentarci con assiduità. Dico questo come avvertimento, nel senso che sto parlando quasi di un amico.

Bene, fatta la doverosa premessa, ciò che ho incontrato domenica alla festa che Grigoletti fa ogni anno insieme alla Salumeria Belli di Sopramonte è diventata una realtà di festa di paese. Rispetto all’anno scorso ho  faticato di più a parcheggiare, segno che sembra sia arrivata più gente . Ho incontrato tante persone, compreso il suocero di Carmelo a cui devo il conio del titolo di questo post (Grigoletteria appunto).

Ma sarebbe bene parlare del vino, visto che siamo qui per questo.

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FUORI BUDGET

OGNI VINO LA SUA OCCASIONE

Vini d'occasioneQuesto post mi viene da una sollecitazione del silenzioso co-autore dell’Osservatorio, il Grande Logoteta.

Qualche ricetta chiede vino, tanto vino, per essere eseguita. Solo che per ragioni psicologiche non mi va di usare le belle medie bottiglie che tengo in cantina, per cucinare. Mi sembra uno spreco che non posso-voglio permettermi. Insomma, mi dispiace sacrificare per arrivare qualche centimetro sopra il livello della carne una bottiglia pagata, invento, 18 euro in una simpatica visita ad una cantina toscana. Oppure investire 15 euro di bianco per un bell’arrosto.

I libri di cucina, dove probabilmente le markette ci saranno anche lì, consigliano sempre di usare un buon vino, ed anzi, di più, sostengono che con un buon vino anche la pietanza cucinata ci guadagnerà.

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